La BBS non è un lusso

behavorbasedsafety.org non ospita interventi riferiti alla politica ed ai partiti. Anche questa volta saremo ligi a questo indirizzo. Prendiamo però spunto da quanto si è detto in questi giorni per una riflessione sul nostro ruolo di professionisti della sicurezza, su dove esso si collochi rispetto al “resto del mondo” e su come la BBS potrebbe (?) migliorarlo.


La qualità del nostro lavoro è una parte fondamentale della qualità della nostra vita. Se ci sentiamo nervosi, irritati, felici, soddisfatti, euforici, ecc. spesso lo dobbiamo a quello che ci accade sul posto di lavoro, ai sentimenti che proviamo e condividiamo con i colleghi, alle caratteristiche del nostro compito; per molti, e il pensiero va alle aziende che hanno attraversato la crisi, al lavoro che c’è, che se ne sta andando o che arriverà.

Una parte preponderante della qualità del lavoro è la sicurezza del lavoro e la sicurezza (e la salute) sul lavoro. Un lavoro pieno zeppo di rischi è (in genere) un lavoro poco soddisfacente, logorante, deprimente, talvolta mortale. Il nostro obiettivo deve quindi essere quello di migliorare la sicurezza e la salute sul lavoro per migliorare la qualità della vita. Per citare un intervento di Carlo Lucarelli sul tema: “…se quel posto è brutto e pericoloso e se quando torniamo a casa siamo troppo stanchi per raccontare, allora è lì che va fatta la battaglia per migliorare il lavoro…. Un’affermazione che chiunque sottoscriverebbe e che anche noi sottoscriviamo.

Se però qualcuno afferma che “la 626 è un lusso” e riceve degli applausi ne deduco però una riflessione. Forse abbiamo un problema “noi” addetti alla sicurezza: quello di risultare antipatici, burocratici e lontani dalla realtà operativa.
Quante volte capita di suggerire disposizioni spesso difficilmente applicabili dall’azienda e dalle persone che vi operano? Quante volte le richieste di legge portano a passare più il tempo in ufficio (a scrivere e documentare) che con le persone che lavorano… E il tempo passato a “parlare con” (non a “parlare a”) è una frazione infinitesimale del nostro lavoro? Come ci comportiamo di fronte a richieste di aziende (sempre meno per la verità) che ci chiedono di realizzare sistemi di gestione “cartacei” e poco efficaci?

Ci vorrebbe una rivoluzione copernicana che mettesse al centro la persona (e quindi la sicurezza “vera”) e non le carte…  Qui il pensiero va alla BBS perché porta a compimento questa rivoluzione in maniera sistematica (l’amico Tripiciano dice: “getta un ponte tra le carte e la realtà operativa”): un ponte necessario che avvicina la sicurezza alle persone anzi le mette al centro dell’azione  e le rende parte attiva dell’attività di prevenzione.
Nella maggior parte delle implementazioni di BBS abbiamo ottenuto risultati importanti in termini di riduzione degli infortuni. Non in tutte, come è logico che sia: per esempio nelle piccole unità operative, con pochi infortuni, non è sempre facile osservare e dimostrare andamenti chiari.
In tutte però abbiamo visto i sorrisi e l’entusiasmo di osservatori e osservati (quasi tutti…), l’approvazione per un intervento che vuole scoprire le motivazioni dei comportamenti non per scaricare le responsabilità sui lavoratori e “assolvere” l’organizzazione ma per coinvolgerla appieno ed a tutti i livelli, gli scettici diventare convinti,  la richiesta genuina di entrare a far parte del team di osservazione o dello “steering committee” perché “si fa qualcosa che serve”, “tutti dovrebbero profitare (sic)”.
E’ soprattutto per questi motivi che ormai da quasi 10 anni ci impegniamo nella applicazione e nella promozione della BBS nelle aziende.

Grazie a chi ci ha dato fiducia, scoprendo che: “la BBS non è un lusso”.

 Nicola Bottura

 

 

 

 

 

 

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